Se hai il sito online da poco, non perderti questa nostra guida dedicata proprio alla SEO On-Page.

Infatti, nel corso dei prossimi paragrafi prenderemo in considerazione tutti gli aspetti connessi.

Non solo, ti forniremo anche tutte le indicazioni utili per procedere nel modo corretto.

Sei pronto? Allora non perdiamo altro tempo e iniziamo subito.

Cose da sapere prima di affrontare la SEO On-Page del tuo sito

  • L’espressione “SEO” è un acronimo che sta per “Search Engine Optimization”, ovvero “Ottimizzazione per i Motori di Ricerca”.
  • Molto semplicemente, comprende tutta quelle serie di tecniche finalizzate proprio ad ottenere un buon posizionamento nei risultati di ricerca.
  • A tal proposito, la SEO può essere suddivisa in 3 ulteriori sotto-argomenti: SEO On-Site, SEO On-Page e SEO Off-Page.
  • Come si può facilmente intuire, grazie alla SEO On-Site si va ad ottimizzare il sito nel suo complesso.
  • Invece, con l’espressione SEO Off-Page ci si riferisce a quelle tecniche da attuare fuori dal contesto del proprio sito.
  • Detto ciò, nel corso di questa guida ci occuperemo proprio della SEO On-Page, ovvero ti daremo tutte le dritte per ottimizzare ogni singola pagina.

Chiaramente, ciò che leggerai è un approfondimento. Difatti, grazie alla nostra guida generale alla SEO del tuo sito web, conoscerai anche tutti gli aspetti connessi (SEO On-Site e SEO Off-Page).

Guida alla SEO On-Page del tuo sito: ecco come procedere

Quando parliamo di SEO On-Page ci stiamo riferendo a quelle tecniche che hanno lo scopo di ottimizzare i seguenti elementi:

  1. Titolo SEO – Tag Title
  2. Header 1 – Tag H1
  3. Header 2 – Tag H2 e seguenti
  4. Link Interni
  5. Link Esterni
  6. Immagini
  7. URL
  8. Meta Tag Description

Quelli elencati qui sopra sono, per l’appunto, i principali elementi che compongono ogni singola pagina del tuo sito web.

In altre parole, sono quei parametri sui cui è possibile lavorare per ottenere il miglior posizionamento possibile nella Top 10 di Google e degli altri motori.

Detto questo, nei sotto-paragrafi a seguire troverai anche degli esempi pratici riferiti proprio al nostro sito BackLink-Boss.

A tal proposito, sebbene esistano diversi CMS (“Content Management System”), quello utilizzato da noi è WordPress.

Nel caso ne usassi un altro, tieni presente che le questioni teoriche rimangono sempre le stesse.

Bene, ora che hai più chiaro il quadro generale, scendiamo subito nel dettagli iniziando dal Tag Title o Titolo SEO.

1. Tag Title – Titolo SEO

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Il Tag Title (o Titolo SEO che dir si voglia) è un elemento di codice HTML le cui principali caratteristiche afferite alla SEO sono:

  1. Lunghezza
  2. Corretto uso delle parole chiave
  3. Semantica e numeri

All’atto pratico, invece, il Tag Title è la prima cosa leggi quando ti appaiono i risultati di ricerca, proprio come mostrato nell’immagine qui sopra.

Insomma, stiamo parlando di quella riga blu che presenta il carattere più grande.

Tuttavia, è importante non confondere quest’ultimo con il Tag H1 (o Header 1) di cui parleremo tra poco.

Infatti, il Tag Title è quell’elemento che, all’utente, compare solo nella SERP, ovvero Search Engine Result Page.

Detto ciò, come mai è così importante? Beh, perché è il primo elemento che ti permette di “comunicare” con chi sta cercando determinate informazioni, ma anche con i crawler dei motori di ricerca.

Inoltre, se scritto in un certo modo, sarà proprio il Tag Title che invoglierà l’utente a visitare la pagina in oggetto.

1.1 Lunghezza

Entriamo nel vivo di questa nostra guida dedicate alla SEO On-Page parlando proprio della lunghezza del Tag Title.

È vero, Google non fornisce alcuna prescrizione perentoria in merito.

Al tempo stesso, però tieni ben presente che la maggior parte dei device fissi e mobili visualizza solo i primi 50 o 60 caratteri al massimo.

Di conseguenza, se vuoi far sì che l’utente riesca a leggerlo tutto, allora non devi superare questa lunghezza.

Ad ogni modo, se sei una persona precisa, ricorda che il limite massimo consigliato esiste, ed è espresso in pixel, proprio perché non tutte le lettere (o i numeri) occupano lo stesso spazio.

In tal senso, il tuo Tag Title dovrebbe rimanere sempre all’interno di 540 pixel.

Tra l’altro, la lunghezza è un parametro cruciale anche in relazione al “CTR”, ovvero “Click Through Rate.

Molto semplicemente, si tratta di quanti click riceve una pagina in virtù della sua comparsa all’interno della SERP.

Un Tag Title corto e completo avrà, senz’altro, più probabilità di essere cliccato, proprio perché rispecchia maggiormente la “query”.

1.2 Corretto uso delle parole chiave

Parlando sempre del Tag Title in ottica di SEO On-Page, anche le parole chiave giocano un ruolo preponderante.

Infatti, molto spesso sono proprio queste ultime a spingere l’utente a cliccarlo per leggere il contenuto.

Al tempo stesso, però, le parole chiave sono importantissime anche per i crawler, dal momento che è proprio grazie a queste ultime che possono “farsi un’idea” in merito all’intera pagina.

Detto questo, tra le “best practice” per realizzare un Tag Title davvero efficace, c’è proprio quella di inserire la parola chiave (o le parole chiave) all’inizio.

Tieni presente che quest’ultimo – quindi, di conseguenza, anche le parole chiave contenute all’interno – è proprio l’anello di congiunzione tra il tuo sito e la SERP di Google.

A proposito, nella nostra guida di approfondimento sulle Parole Chiave potrai scoprire ulteriori retroscena in merito, così come trovare le più efficaci.

Ecco perché, oltre alla giusta lunghezza del titolo, è fondamentale dare una chiara indicazione in merito al contenuto della pagina stessa.

1.3 Semantica e numeri

Infine, sempre in relazione alla SEO On-Page e al Tag Title, per rendere quest’ultimo ancora più efficace, devi tenere conto della semantica, così come valutare l’inserimento di numeri.

Per quanto riguarda la prima, si tratta della scienza dei significati destinati a essere definiti e cristallizzati da parole significanti.

Sebbene i crawler di Google siano dei software, in realtà questi ultimi ragionano proprio secondo semantica, quasi come farebbe un utente “in carne ed ossa”.

Di conseguenza, sono in grado di valutare il significato delle parole stesse.

Oltre alla semantica, anche l’utilizzo dei numeri può rappresentare un ottimo escamotage con cui rendere il Tag Title più efficace.

Difatti, questi ultimi conferiscono autorevolezza al contenuto, oltre ad attirare maggiormente l’attenzione.

Al tempo stesso, rendono più facile sia la lettura, che il recepimento delle informazioni più importanti presenti in quella determinata pagina.

2. Header 1 – Tag H1

Continuiamo a parlare di SEO On-Page analizzando tutti gli aspetti connessi al Tag H1, comunemente detto “Header 1” o “H1”.

Prima di scendere nei particolari, però, è bene chiarire la differenza tra quest’ultimo e il Tag Title, visto che spesso vengono erroneamente considerati come la stessa cosa.

Certo, entrambi sono dei “titoli” che hanno lo scopo di presentare al lettore i contenuti essenziali di un argomento.

Il Tag Title, però, è visibile solo nella SERP di Google e degli altri motori di ricerca.

Al contrario, il Tag H1 è visibile solo quando l’utente giunge nella pagina.

In parole povere, il Tag H1 di questa guida è proprio il titolo che vedi all’inizio di questa pagina specifica.

Chiaramente, si tratta di un elemento piuttosto importante, di conseguenza è doveroso ottimizzarlo nel migliore dei modi, proprio come ti spiegheremo nel sotto-paragrafo successivo.

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2.1 Come ottimizzare Header 1 – Tag H1

  • Molto spesso, è buona norma far coincidere il Tag Title con il Tag H1. Tuttavia, quest’ultimo può avere anche una lunghezza di poco maggiore.
  • Ovviamente, sempre restando in ottica di SEO On-Page, è doveroso inserire le parole chiave, possibilmente all’inizio, proprio come nel Tag Title.
  • Sebbene ci siano delle rare occasioni, la regola d’oro rimane sempre quella di utilizzare 1 solo Tag H1 per pagina.
  • Analogamente al Tag Title, inserire dei numeri (l’anno corrente, piuttosto che una classifica e via discorrendo) è un ottimo sistema per renderlo più efficace ed accattivante.
  • Lo sappiamo, sembra superfluo dirlo, ma assicurati sempre che il Tag H1 sia coerente con il contenuto della pagina.

2.2 Perché ottimizzare Header 1 – Tag H1

E’ importantissimo ottimizzare il Tag H1 perché ciò comporta tutta una serie di vantaggi, quali:

  • Migliorare la posizione nella SERP: i motori di ricerca utilizzano il Tag H1 per identificare l’argomento principale della tua pagina. Di conseguenza, avere le parole chiave mirate nel tag H1 aumenta le possibilità di ottenere un posizionamento di ricerca più elevato.
  • Fornire una migliore esperienza utente: i Tag H1 forniscono una struttura chiara e guidano l’occhio del lettore verso le informazioni più importanti. Quindi, migliorando l’esperienza utente, aumentano le possibilità che il lettore rimanga più tempo nel tuo sito, altro parametro sfruttato da Google per determinare il posizionamento.
  • Garantire un’adeguata accessibilità: nel caso non lo sapessi, il Tag H1 è cruciale per gli utenti ipovedenti, dal momento che i lettori di schermo vanno a scansionare proprio questo elemento HTML.

3. Header 2 – Tag H2 e seguenti

Compresa l’importanza del Tag H1 e la differenza con il Tag Title, passiamo, ora, al Tag 2 e seguenti.

A cosa servono? Beh, essenzialmente, per dare una struttura logico-consequenziale al contenuto.

In altri termini, significa fornire un’esperienza utente migliore, dal momento che la loro funzione è proprio quella di guidare il lettore passo passo e favorire una più rapida assimilazione delle informazioni.

Oggigiorno, infatti, l’utente medio è sempre di corsa, ha tante cose per la testa e, spesso, è pure analfabeta funzionale.

Quindi, immagina quest’ultimo alle prese con la lettura di un testo lungo e tutto intero.

Scapperebbe subito, fidati.

Al contrario, grazie ad un’efficace struttura realizzata secondo un uso intelligente dei Tag H2 e seguenti, ecco che per il lettore diventa tutta un’altra cosa.

Insomma, pensa se avessimo scritto questa guida senza intestazioni… a quest’ora ti saresti già perso.

Senza contare il fatto che grazie ai vari H2, H3 e via dicendo, puoi “skippare” quelle parti che non ti interessano.

3.1 Come strutturare un contenuto sfruttando Header 2 – Tag H2 e seguenti

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Come vedi dall’immagine qui sopra, per l’esempio abbiamo scelto il topic “come fare un sito web” che, probabilmente, ti interessa assai.

Certo, abbiamo semplificato parecchio, tuttavia è il “meccanismo” che ci preme farti comprendere.

In linea di massima, l’approccio alla realizzazione di un contenuto deve essere di tipo giornalistico, almeno in relazione alla sua formattazione.

Insomma, hai presente le “5 W del giornalismo”?

Sono “Who”, “What”, “When”, “Where” e “Why”, ossia, “Chi”, “Cosa”, “Dove”, “Quando” e “Perché”.

Nel nostro esempio, chiaramente abbiamo già il “Come”.

Manca, però, tutto il resto, o quasi.

Di conseguenza, abbiamo sviluppato l’ipotetica struttura proprio per dare all’utente più informazioni possibili in merito al topic che vuole approfondire.

Ovviamente, non è “obbligatorio” avvalersi di tutte e 5 le “W”, bisogna sempre usare un può di buon senso.

Ad ogni modo, ricapitoliamo quanto visto in questo sotto-paragrafo:

  • Avere un testo ben strutturato fornisce un’esperienza utente migliore a chi legge.
  • È chiaro che, più facile e scorrevole è la lettura, più tempo il lettore trascorrerà in quella determinata pagina
  • Quindi, tutto ciò favorirà un posizionamento migliore in termini di SERP di Google e degli altri motori di ricerca.
  • Oltre al tempo di permanenza, questi ultimi sono anche in grado di determinare quali parti della pagina vengono lette e quali no. Con un testo ben strutturato ci sono più probabilità che gli utenti lo scorrano tutto, dall’inizio alla fine.

4. Link Interni

Proseguiamo la nostra guida sulla SEO On-Page parlando dei Link Interni, un altro importantissimo aspetto che va affrontato con il piede giusto.

Spesso, purtroppo, viene preso un po’ sottogamba, senza che gli venga data la giusta importanza.

Infatti, i link interni sono il mezzo grazie a cui gli utenti (quindi, anche i crawler) possono muoversi all’interno del tuo sito.

Per comprendere meglio il loro ruolo, pensiamo ad una struttura alberghiera composta di svariate stanze e locali su più piani.

Ecco, i link interni altro non sarebbero che le “porte”, piuttosto che i “corridori”, le “scale” e via dicendo.

Immagina un struttura del genere senza questi elementi: quanto agevole sarebbe muoversi al suo interno?

Ricorda, più rendi facile la navigazione ai tuoi utenti, più verrai premiato dai motori di ricerca, dal momento che i loro crawler cercano di “ragionare” proprio come farebbe un umano.

4.1 Tipologie di Link Interni

Quando si parla di link interni, ne esistono di 3 tipi:

  • Sitewide (o Navigazionali): sono quei link “di servizio”, se così si può dire. Quelli più comuni sono presenti nell’header o nel footer. In pratica, servono a guidare l’utente nella visita della pagine e/o categorie. Chiaramente, nemmeno il nostro sito Backlink-Boss non fa eccezione, proprio come vedi dall’immagine esplicativa qui sotto.
  • Contestuali: al contrario, questo tipo di link interni li trovi all’interno del contenuto della pagina e, ovviamente, servono a guidare l’utente verso un approfondimento di ciò che sta leggendo in quel momento.
  • Grafici (da Immagini): infine, ci sono anche i link interni “ancorati” a delle immagini. In determinati casi possono essere utili per l’utente. Al tempo stesso, però, valgono poco o nulla in ottica di SEO On-Page. Al limite, tutto ciò che puoi fare è ottimizzare l’immagine in sé (porta ancora un po’ di pazienza, tra poco arriviamo anche a questo aspetto).
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Per farla breve, non non basta solo inserire i link interni. Infatti, bisogna anche inserirli con un determinato criterio.

Insomma, devo esserci, ma devono anche essere al “posto giusto” e realizzati secondo determinati “pattern”.

4.2 Anchor Text

Compreso che i link interni “agganciati” ad un testo sono più efficaci, esaminiamo insieme proprio tale aspetto.

Letteralmente, “Anchor Text” significa “Testo Ancora” e si riferisce proprio alla parola (o al gruppo di parole) che vengono utilizzate per inserire il link.

La prima cosa cui prestare attenzione è la visibilità.

Per quanto possa sembrare banale, se il link interno è poco visibile, difficilmente verrà cliccato.

Successivamente, devi prestare attenzione alla pertinenza.

L’Anchor Text deve corrispondere all’effettivo contenuto.

Inoltre, l’inserimento del link tramite l’Anchor Text deve risultare “naturale” e non forzato.

Per comprendere meglio cosa intendiamo ti basta dare uno sguardo all’immagine qui sotto.

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5. Link Esterni (Outbound Link)

Tra gli elementi fondamentali della SEO On-Page ci sono anche i link esterni in uscita (Outbound Link), ovvero quelli che rimandano ad altri siti (ossia siti con differente dominio).

Principalmente, ne esistono di 2 tipi:

  • Surface Link: il link esterno presente nel sito “A” rimanda alla home-page del sito “B”. Di solito, serve per citare un marchio, piuttosto che una determinata personalità o realtà commerciale.
  • Deep Link: al contrario, questo tipo di link esterno, presente sempre nel sito “A”, rimanda ad una pagina specifica del contenuto “B”.

In entrambi i casi, comunque, la funzione dei link esterni è proprio quella di “supportare” – in un modo o nell’altro – ciò che stiamo comunicando per mezzo del nostro contenuto.

Tanto per capirci, potremmo considerare i link esterni come delle vere e proprie “fonti”, giornalisticamente parlando.

Detto ciò, riempire le tue pagine di link esterni a caso non porterà a nulla di buono.

Infatti, bisogna prima verificare la loro qualità.

5.1 Come determinare la qualità dei Link Esterni

Per determinare la qualità dei link esterni in uscita, devi prendere in considerazione le seguenti variabili:

  1. Autorevolezza
  2. Tossicità
  3. Utilità

Premesso che non esiste una “formula” universale, quando inserisci un Outbound Link devi fare una sorta di “media” tra le variabili qui sopra elencate.

In parole povere, devi usare il buon senso, come sempre.

Ad esempio, mettiamo caso che tu abbia un sito in cui parli di motori.

Mettiamo anche caso che tu abbia realizzato un articolo su un particolare tipo di motore e che tu abbia linkato ai rispettivi disegni tecnici presenti su un sito di nicchia poco “autorevole” (magari perché “nuovo” e ancora poco visibile) ma estremamente affidabile sul piano tecnico.

In questo caso, ha senso inserirlo?

Se la risposta è sì, perché aiuta il lettore a capire meglio cosa sta leggendo, allora inseriscilo senza indugi.

Mal che vada, puoi linkare a qualche altro sito “autorevole” in una diversa sezione del testo (o della pagina).

A proposito, cosa vogliono dire “autorevole”, “utile” e “tossico” in ambito SEO On-Page?

La risposta nei sotto-paragrafi a seguire.

5.1.1 Autorevolezza

In termini di SEO On-Page, un sito si dice autorevole quando riceve un determinato numero di link esterni in entrata, chiamati Backlink o Inbound Link.

Questo – a livello teorico – a prescindere da reale qualità del contenuto o della sua “autorevolezza” come la intendiamo dialetticamente parlando.

Lo sappiamo, il concetto è un po’ ostico da comprendere ma, con l’esempio che ti faremo, ti sarà subito tutto più chiaro.

Prendiamo Wikipedia come riferimento.

È “autorevole” in ottica di SEO On-Page perché riceve quotidianamente un sacco di backlink da parte di altri siti.

Chiaramente, questi ultimi linkano a Wikipedia perché “autorevole” nel senso strettamente dialettale, ossia riporta informazioni dettagliati e corrispondenti al vero.

Bene, ora facciamo finta che i web master di Wikipedia impazziscano e inizino a pubblicare un sacco di “bufale”.

In tal caso, non sarebbe più “autorevole” (dialettale) in relazione ai suoi contenuti, ma continuerebbe ad essere “autorevole” in termini di SEO On-Page, sebbene per un tempo limitato (prima o poi gli altri si accorgeranno delle “bufale” e smetteranno di linkare a Wikipedia).

5.1.2 Tossicità

Sempre in relazione ai link esterni in uscita (vale anche per quelli in entrata, ma è un altro discorso da approfondire in separata sede) è fondamentale verificare che non siano “tossici”.

In linea generale, i così detti “Toxic Link” sono quelli che vanno a pregiudicare il posizionamento nella SERP, per un motivo, o per l’altro.

I più comuni rimandano verso quei siti:

  • di Spam
  • Directory varie
  • Che trattano argomenti che non c’entrano nulla
  • Stranieri del tutto fuori contesto
  • Non indicizzati
  • Con dominio scaduto
  • Cloni di altri siti (e via dicendo)

Certo, di sicuro sei una persona attenta e verifichi già queste variabili prima di inserire un qualsiasi link esterno.

Tuttavia, ricordati di controllarli regolarmente.

Tanto per dire, un dominio può sempre scadere ed essere acquistato da qualcun altro che, a sua volta, lo utilizzerà per un sito totalmente diverso da quello che esisteva prima.

5.1.3 Utilità

Infine, spendiamo qualche parola anche in merito all’utilità.

In tal caso, il significato in ottica SEO On-Page corrisponde a quello comune dialettale.

Molto semplicemente, un link esterno è utile quando da all’utente la possibilità di acquisire delle nozioni ulteriori in merito all’argomento di cui si sta informando proprio grazie al tuo sito.

In tal senso, non ci sono delle regole ben precise.

Nonostante ciò, è sempre cosa buona e giusta verificarne la rispettiva tossicità.

Ad esempio, per quanto riguarda i link stranieri è sempre da valutare caso per caso.

Diciamo che se hai un sito o un blog che tieni in qualità di giornalista, ecco che degli Outbound link verso i siti di testate estere sarebbero più che giustificati.

In caso contrario, invece che linkare ad un sito straniero, puoi sempre tradurre ciò che ti interessa e proporlo in modo esclusivo all’interno del tuo sito, senza rimandare a fonti esterne.

5.2 Attributi rel dei Link Esterni

Infine, chiudiamo il “capitolo” Link Esterni con i principali attributi rel, ossia quegli elementi destinati solo ed esclusivamente i crawler, in quanto non visibili agli utenti.

I più importanti sono:

  • noopener: viene inserito tutte quelle volte in cui il link esterno viene aperto in una nuova scheda del browser. Serve per impedire agli hacker di approfittare di alcune vulnerabilità che possono verificarsi a livello di sicurezza.
  • nofollow: servirebbe per indicare ai motori di ricerca di non seguire un determinato link. Usiamo il condizionale perché, recentemente, è emerso che Google “sguinzaglia” i crawler anche verso gli Outbound link contrassegnati proprio con tale attributo rel.
  • noreferrer: il suo scopo è quello di “classificare” il link esterno in uscita come una semplice “citazione” o “riferimento” e non come link diretto a favore del sito da te linkato.
  • sponsored: come già sai, Google penalizza coloro che si mettono d’accordo in merito ai Backlink. Certo, nessuno ti vieta di fare business venendo il prodotto o servizio di un terzo, dirottando i tuoi utenti sul suo sito tramite i link esterni presenti sul tuo. In tal caso, però, devi comunicarlo ai motori, utilizzando proprio l’attributo rel “sponsored”.
  • UGC: per ultimo, abbiamo il presente attributo rel, ovvero l’acronimo di “User Generated Content”. Principalmente, si utilizza in relazione ai link esterni che rimandano, per l’appunto, a contenuti generati dagli utenti. Ad esempio, i commenti di un blog, le discussioni nei forum ecc.
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6. Immagini

Tra gli elementi che rientrano nella SEO On-Page ci sono, ovviamente, anche le immagini.

Queste, hanno una duplice funzione.

Dal un lato, infatti, servono a “spezzare” il testo, in modo da renderlo più “digeribile”.

Dall’altro, invece, le immagini possono aiutare l’utente a comprendere meglio quanto sta leggendo.

Pensa, ad esempio, ai tutorial.

Se sono presenti delle immagini, ecco che questi risultano molto più facili da seguire.

Tuttavia, queste sono utili anche ai crwaler dei motori di ricerca, sebbene in modo non diretto.

Nonostante Google e gli altri non siano in grado di comprendere il contenuto di un’immagine a livello grafico, questi possono comunque analizzare gli attributi presenti in essa.

6.1 Attributi delle Immagini

Gli attributi delle immagini da ottimizzare in ottica di SEO On-Page sono:

  • Nome del file: il primo passo per ottimizzare una qualsiasi immagine consiste proprio nel rinominare il file inserendo le parole chiave. Attenzione, però. Eventuali spazi vanno sostituiti con il “-”.
  • Titolo dell’immagine: solitamente, il CMS fa combaciare il nome del file con il titolo dell’immagine. Tale attributo serve per mostrare un breve testo descrittivo, non appena l’utente ci passa sopra con il mouse.
  • Alt Text: questo, invece, serve per garantire un’effettiva accessibilità. Ad esempio, l’Alt Tex è quell’attributo che viene letto proprio dagli “screen reader” delle persone non vedenti. Analogamente, l’Alt Tex viene mostrato quando l’immagine non riesce a caricarsi.
  • Didascalia: è quel breve testo che compare subito sotto all’immagine, proprio come vedi sui quotidiani o periodici. Il suo scopo è, chiaramente, quello di dare un valore aggiunto all’immagine. Una didascalia efficace e contente le giuste parole può influire positivamente in termini di posizionamento.
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6.2 Formati dei File Immagine

Nel tuo sito web puoi aggiungere immagini che abbiano i seguenti formati di file:

  • JPEG: si tratta del formato più diffuso in assoluto, praticamente compatibile con tutti i browser e app. E’ un formato piuttosto “leggero”, dal momento che nel processo di compressione si vanno ad eliminare quei colori che non vengono individuati dall’occhio umano.
  • PNG: anche questo formato sfrutta un sistema di compressione senza, però, pregiudicare la qualità dell’immagine come accade per i JPEG. Inoltre, le PNG supportano una scala di colori a 24 bit, quindi oltre 16 mila tonalità di colore.
  • GIF: sebbene possano anche essere “fisse”, quelle più note sono, indubbiamente, le GIF animate. Tra i punti di forza di questo formato troviamo la sua “leggerezza”, dal momento che sfrutta una scala di soli 256 colori.
  • TIFF: tale formato è particolarmente adatto per non pregiudicare la qualità delle immagini, dal momento che nelle fasi di compressione e decompressione non vi sono perdite di dati. In aggiunta, il formato TIFF è multi-piattaforma perché può essere gestito indifferentemente con Windows, piuttosto che macOS.
  • WEBP: si tratta di un formato di nuova generazione, molto più leggero del JPEG e PNG. Tra le sue particolarità vi è il fatto che elabora solo le parti significative di un’immagine, lasciando perdere quelle meno importanti.

7. URL

Quando parliamo di SEO On-Page, non possiamo non parlare dell’URL, acronimo di “Uniform Resource Locator.

I 3 principali elementi che lo compongono sono:

  1. Protocollo
  2. Nome del Dominio
  3. Slug (o Path)

Prima di vederli nel dettaglio, sappi che possiamo considerare l’URL come una sorta di “alter ego” dell’indirizzo IP.

Infatti, il primo serve proprio ad identificare in modo univoco una qualsiasi risorsa web mediante una precisa successione di caratteri.

Giusto per fare un po’ di chiarezza, gli URL sono proprio il risultato dell’applicazione del DNS, ossia “Domain Name System.

Molto brevemente, è quel sistema che permette di assegnare, per l’appunto, un nome espresso in lettere, anziché in soli numeri come avviene per l’indirizzo IP.

In parole povere, scrivendo un determinato URL possiamo entrare su un sito senza digitare il rispettivo IP quasi impossibile da memorizzare.

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7.1 Protocollo

Iniziamo a passare in rassegna gli elementi che compongono l’URL parlando del protocollo.

Si tratta del primissimo frammento e, in sostanza, il suo scopo è quello di indicare al browser come comunicare con il server web.

I più utilizzati sono:

  • HTTP: acronimo di Hypertext Transfer Protocol, sfrutta un modello server-client, per impostazione predefinita attraverso la porta 80. In pratica, se vuoi accedere ad un determinato sito web, il browser invia una richiesta al server web corrispondente. Questo, poi, dovrà “rispondere” con un codice di stato HTTP. Se l’URL è valido e la connessione viene permessa, il server trasmette al browser la pagina web e i rispettivi file.
  • HTTPs: acronimo di Hypertext Transfer Protocol Secure, funziona – grosso modo – come il precedente, ad eccezione del fatto che sfrutta la crittografia per rendere la “comunicazione” tra browser e web server “blindata”.

7.2 Nome del Dominio

Tra gli elementi fondanti dell’URL troviamo anche il nome del dominio che, a sua volta, può essere suddiviso in:

  • Dominio di primo livello: spesso indicato anche con l’espressione “estensione di dominio”, è la sigla che segue dopo il punto. Nel caso del nostro sito Backlink-Boss, il dominio di primo livello (o estensione) è proprio “.it”.
    Secondo la gerarchia del sistema DNS, questo ha maggiore rilevanza perché fornisce già una prima informazione utile e oggettiva. Ad esempio, il “.it” indica un sito italiano, il “.gov” si riferisce ad una piattaforma istituzionale e via dicendo. Come sempre, nella nostra guida in cui parliamo della correlazione tra la SEO e l’estensione di dominio troverai tutti gli approfondimenti.
  • Dominio di secondo livello: al contrario, il dominio di secondo livello è, semplicemente, il nome del sito. Quindi, per noi è “Backlink-Boss”, per l’appunto.
    Nonostante questo possa sembrare più importante agli occhi dell’utente, in realtà nel sistema DNS occupa un ruolo di secondo piano. Infatti, il nome del brand o dell’azienda ha poca rilevanza sul piano oggettivo.
  • Sottodominio: generalmente, è quel frammento del “www” anche se, oggigiorno, moltissimi siti preferiscono sostituirlo con “blog”, oppure “news”, “registrazione” e simili.

7.3 Slug (o Path)

Per ultimo, abbiamo lo Slug, detto anche “Path” ed è la parte finale dell’URL.

Svolge una duplice funzione, visto che, da una parte, consente all’utente di orientarsi meglio all’interno del sito.

Quest’ultimo, infatti, grazie allo Slug può sempre sapere in quale pagina si trova.

Dall’altra parte, invece, servono anche ai crawler dei motori di ricerca, dal momento che si tratta di stringe di caratteri analizzabili.

Non solo, questi ultimi iniziano la loro scansione partendo proprio dallo Slug, fino ad arrivare al protocollo.

In parole povere, consideralo come il nome file di ogni singolo elemento salvato nell’hard-disk del tuo computer.

Di conseguenza, ecco che diviene fondamentale ottimizzarlo in ottica di SEO On-Page.

Come? Lo vediamo subito andando ai prossimi sotto-paragrafi.

7.3.1 Come scrivere uno Slug efficace
  • Inserisci sempre le parole chiave e accertati che siano pertinenti con il titolo, così come con il rispettivo contenuto.
  • Non inserire riferimenti temporali perché, qualora lo facessi, saresti costretto a modificare o cancellare il vecchio Slug per crearne uno nuovo. In tal caso, perderesti tutta l’autorità acquisita fino a quel momento.
  • Evita di creare 2 o più Slug uguali perché potresti mandare in confusione tanto gli utenti, quanto i crawler dei motori di ricerca.
  • Utilizza solo le parole strettamente funzionali, quindi evita pure di inserire congiunzioni, articoli e quant’altro.
  • Inoltre, non usare alcun simbolo o carattere speciale, ma solo lettere e numeri (solo quando strettamente necessari).
  • Infine, cerca di mantenere gli Slug più corti possibili visto che, venendo visualizzati anch’essi nella SERP, hanno più possibilità di essere interamente visibili e, di conseguenza, memorizzati con più facilità dagli utenti stessi.

8. Meta Tag Description

Chiudiamo il “core” della nostra guida dedicata alla SEO On-Page esaminando la Meta Tag Description.

Insieme al Tag Title e all’URL, è il terzo elemento a comparire nella SERP di Google e degli altri motori di ricerca.

C’è un grosso dibattito in merito al fatto se sia determinante in ambito SEO On-Page.

Molto sinteticamente, lo è, ma in modo indiretto.

Infatti, lo scopo primario della Meta Tag Desription è quello di fornire delle sommarie informazioni in merito al contenuto di una pagina.

Leggendo queste righe, quindi, l’utente può già capire se possa fare al caso suo, o meno.

In altri termini, una Meta Tag Decription efficace può aumentare il CTR organico, proprio “spingendo” l’utente a volerne sapere di più.

Detto ciò, vediamo anche come scriverla nel migliore dei modi.

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8.1 Come scrivere una Meta Tag Decription efficace

  • Per quanto riguarda la lunghezza, valgono le stesse “regole” del Tag Title. Dal momento che la SERP è impostata sui pixel, ne hai a disposizione 1300 per i device fissi. Grosso modo, corrispondono a circa 150-156 caratteri. Per i mobili, invece, ci sono 990 pixel, che sono circa 115-120 caratteri.
  • Grazie ad alcuni CMS puoi inserire diverse variabili auto-aggiornanti all’interno della Meta Tag Description. Ad esempio, l’anno in corso. Infatti, sono i proprio i contenuti costantemente aggiornati ad andare per la maggiore.
  • Chiaramente, inserisci sempre le parole chiave all’interno di frasi brevi e non troppo complesse.
  • Aggiungi qualsiasi altro dettaglio che pensi possa essere utile affinché l’utente clicchi l’URL per visitare il tuo sito.

Guida completa alla SEO On-Page: considerazioni finali

  1. In linea di principio generale, la SEO, ovvero l’insieme di tecniche finalizzate a migliorare il posizionamento, può essere suddivisa in 3 ulteriori sotto-argomenti: SEO On-Site, SEO On-Page e SEO Off-Page.
  2. In questa guida, abbiamo parlato a 360° della SEO On-Page, ovvero come ottimizzare ogni singola pagina che compone il sito web.
  3. Nello specifico, sono 8 gli elementi su cui è possibile intervenire: Titolo SEO – Tag Title, Header 1 – Tag H1, Header 2 – Tag H2 e seguenti, Link Interni, Link Esterni. Immagini, URL e Meta Tag Description.
  4. Come abbiamo visto, alcuni hanno un’azione diretta in termini di SERP (ad esempio, l’URL, piuttosto che il Tag Title), altri invece indiretta (Alt Text delle immagini o la Meta Tag Description).
  5. Ovviamente, ottimizzare anche questi ultimi non è mai una perdita di tempo, anzi, visto che contribuiscono a migliorare sia l’accessibilità, che la UX.
  6. Infine, per quanto tu possa ottimizzare al meglio tali elementi, ciò non ti esime dal creare contenuti di qualità, esaustivi, ma, soprattutto, utili e di facile comprensione per gli utenti.